INSULTO ALLA…..CONSULTA …. DAL PREGIUDICATO.

IMMODIFICABILE

DIO MIO, DIO MIO QUANDO QUESTO PAESE DIVENTERA’ UN PAESE NORMALE!!!!

Penso che la mia invocazione rivolta all’ALTISSIMO rimarrà soltanto una invocazione e non sarà mai esaudita vista la caratura dei politici emergenti.

Già. Il grande rottamatore, si fa per dire, manda a casa, è un eufemismo perchè sono ancora lì, politici del suo partito che hanno una età matura e riceve a casa sua un pregiudicato quasi ottantenne per riscrivere parte della Costituzione e proporre una nuova legge elettorale.

Ciò premesso, la metodologia è inusuale ma prettamente italiana. Infatti, secondo i regolamenti parlamentari non sono i partiti a presentare le leggi da approvare in parlamento, bensì i gruppi parlamentari. Gli accordi vanno fatti fra i gruppi parlamentari e non dai segretari di partiti.

Queste sono critiche alla metodologia seguita per gli accordi interpartitici, ma la critica dal punto del diritto è ancora più dura e senza appello.

Ma veniamo alla sostanza. Tutto nasce dalla sentenza N°1/2014 della Corte Costituzionale che ha annullato in alcune parti la legge 270/2005, legge elettorale nota come “PORCELLUM” in latino, ovvero “porcata” in vulgo.

La Consulta ha fatto vari rilievi ben argomentati. Alla fine ha censurato e cassato vari articoli della legge.

Qui voglio parlare di tre censure in particolare: 1^- premio di maggioranza per l’elezione dei Deputati alla Camera: 2^- premio di maggioranza alla elezione dei Senatori con collegi uninominali: 3^- liste bloccate  e quindi mancanza della scelta dei candidati da parte dei cittadini elettori.

Gli articoli della legge 270/2005 censurati dalla Corte sono stati riproposti surrettiziamente con il “Pregiudicatum”. Poi vedremo perchè ho così ribattezzato la nuova proposta di legge e mi hanno dato spunto per il titolo.

PRIMA  CENSURA

Cito alcuni passi della sentenza:….omissis……..

3.- Nel merito, la prima delle questioni in esame riguarda il premio di maggioranza assegnato per la elezione della Camera dei deputati. L’art. 83 del d.P.R. 361 del 1957 prevede che l’Ufficio elettorale verifichi <<se la coalizione di liste o singola lista che ha ottenuto il maggior numero di voti validi espressi abbia conseguito almeno 340 seggi (comma 1, n.5), sulla base dall’attribuzione di seggi in ragione proporzionale; e stabilisce, in caso negativo, che ad essa venga attribuito il numero di seggi necessario per raggiungere quella consistenza (comma 2). (Quindi senza una soglia minima di sbarramento n.d.r.).
Secondo la Corte di Cassazione (parte rimettente n.d.r.), tali disposizioni, non subordinando l’attribuzione del premio di maggioranza al raggiungimento di una soglia minima di voti e, quindi, trasformando una maggioranza relativa di voti, potenzialmente anche modesta, in una maggioranza assoluta di seggi, avrebbero stabilito, in violazione dell’art. 3 Cost., un meccanismo di attribuzione del premio manifestamente irragionevole, tale da determinare una oggettiva e grave alterazione della rappresentanza democratica, lesiva della stessa eguaglianza del voto, peraltro neppure idonea ad assicurare la stabilita del governo.

3.1.- La questione è fondata.

Questa Corte ha da tempo ricordato che…..omissis…….(sentenza n. 43 del 1961)-
Non c’è, in altri termini, un modello di di sistema elettorale imposto dalla Carta costituzionale, in quanto questa lascia alla discrezionalità del legislatore la scelta del sistema che ritenga più idoneo ed efficace in considerazione del contesto storico.
Il sistema elettorale, tuttavia, pur costituendo espressione dell’ampia discrezionalità legislativa, non è esente da controllo, essendo sempre censurabile in sede di giudizio di costituzionalità quando risulti manifestamente irragionevole (sentenze n. 242 e n. 107 del 1996; ordinanza n. 260 del 2002).
Nella specie, proprio con riguardo alle norme della legge elettorale della Camera qui in esame, relative all’attribuzione del premio di maggioranza in difetto del presupposto di una soglia minima di voti o di seggi, questa Corte, pur negando la possibilità di sindacare in sede di giudizio di ammissibilità del referendum abrogativo profili di illegittimità costituzionale, in particolare attinenti alla ragionevolezza delle predette norme, ha già segnalato  che il Parlamento consideri con attenzione alcuni profili di un simile meccanismo. Alcuni aspetti problematici sono stati ravvisati nella circostanza che il meccanismo premiale è foriero di una eccessiva sovra-rappresentazione della lista di maggioranza relativa, in quanto consente ad una lista che abbia ottenuto un numero di voti anche relativamente esiguo di acquisire la maggioranza assoluta dei seggi. In tal modo si può verificare in concreto una distorsione fra voti espressi ed attribuzione del seggi che, pur essendo presente in qualsiasi sistema elettorale, nella specie assume una misura tale da compromettere la compatibilità con il principio di eguaglianza del voto (sentenze n. 15 e n. 16 del 2008). Successivamente, questa Corte, stante l’inezia del legislatore, ha rinnovato l’invito al Parlamento a considerare con attenzione i punti problematici della disciplina, così come risultante dalle modifiche introdotte con legge n. 270 del 2005, ed ha nuovamente sottolineato i profili di irrazionalità segnalati nelle precedenti occasioni sopra ricordate, insiti nell'”attribuzione dei premi di maggioranza senza la previsione di alcuna soglia minima di voti e/o di seggi” (sentenza n. 13 del 2012); profili ritenuti, tuttavia, insindacabili in una sede diversa dal giudizio di legittimità costituzionale.
Gli stessi rilievi, nella perdurante inerzia del legislatore ordinario, non possono che essere ribaditi e, conseguentemente, devono essere fondate le censure concernenti l’art. 83, comma 1, n. 5, e comma 2, del d.P.R. n. 361 del 1957. Tali disposizioni, infatti, non superano lo scrutinio di proporzionalità e di ragionevolezza, al soggiacciono anche le norme inerenti ai sistemi elettorali.
……..omissis…….
Il meccanismo di attribuzione  del premio di maggioranza prefigurato dalle norme censurate, inserite nel sistema proporzionale introdotto con la legge 270 del 2005, in quanto combinato con l’assenza di una ragionevole soglia di voti minima per competere all’assegnazione del premio, è pertanto tale da determinare un’alterazione del circuito democratico definito dalla Costituzione, basato sul principio fondamentale di eguaglianza del voto (art. 48, secondo comma, Cost.). Esso, infatti, pur non vincolando il legislatore ordinario alla scelta di un determinato sistema, esige comunque che ciascun voto contribuisca potenzialmente e con pari efficacia alla formazione degli organi elettivi (sentenza n. 43 del 1961) ed assume sfumature diverse in funzione del sistema elettorale prescelto. In ordinamenti costituzionali omogenei a quello italiano, nei quali pure è contemplato detto principio e non è costituzionalizzata la formula elettorale, il giudice costituzionale ha espressamente riconosciuto, da tempo, che, qualora il legislatore adotti il sistema proporzionale, solo in modo parziale, esso genera nell’elettore la legittima aspettativa che non si determini uno squilibrio sugli effetti del voto, e cioè una diseguale valutazione del “peso” del voto “in uscita”, ai fini dell’attribuzione dei seggi, che non sia necessaria ad evitare un pregiudizio per la funzionalità dell’organo parlamentare (BVerfGE, sentenza 3/11 del 25 luglio 2012; ma v. già la sentenza n. 197 del 22 maggio 1979 e la sentenza n.1 del 5 aprile 1952).
Le norme censurate, pur proseguendo un obiettivo costituzionale, qual è quello della stabilità del governo del Paese e dell’efficienza dei processi decisionali nell’ambito parlamentare, dettano una disciplina che non rispetta il vincolo del minor sacrificio possibile degli altri interessi e valori costituzionalmente protetti, ponendosi in contrasto con gli artt. 1, secondo comma, 3, 48,secondo comma, e 67 Cost. In definitiva, detta disciplina non è proporzionata rispetto all’obiettivo perseguito, posto che determina una compressione della funzione  rappresentativa dell’assemblea, nonchè  dell’eguale diritto di voto, eccessiva e tale da produrre un’alterazione profonda della composizione della rappresentanza democratica,m sulla quale si fonda l’intera architettura dell’ordinamento costituzionale vigente.

DEVE, QUINDI, ESSERE DICHIARATA L’ILLEGITTIMITA’ COSTITUZIONALE DELL’ART. 83, COMMA 1, N. 5, E COMMA 2, DEL d.P.R. N. 361 DEL 1957.

SECONDA CENSURA

Continua citazione sentenza:
4.- Le medesime argomentazioni vanno svolte anche in relazione alle censure sollevate, in relazione agli stessi parametri costituzionali, nei confronti dell’art. 17, commi 2 e 4, del d.lgs. n. 533 del 1993, che disciplina il premio di maggioranza per le elezioni del Senato della Repubblica, prevedendo che l’Ufficio elettorale regionale, qualora la coalizione di liste o la singola lista, che abbiano ottenuto il maggior numero di voti validi espressi nell’ambito della circoscrizione, non abbiano conseguito almeno il 55 per cento dei seggi assegnati alla regione, assegni alle medesime un numero di seggi ulteriore necessario per raggiungere il 55 per cento dei seggi assegnati alla regione.
Anche queste norme, nell’attribuire in siffatto modo il premio della maggioranza assoluta, in ambito regionale, alla lista (o coalizione di liste) che abbia ottenuto semplicemente un numero maggiore di voti rispetto alle altre liste, in difetto del raggiungimento di una soglia minima, contengono una disciplina manifestamente irragionevole, che comprime la rappresentatività dell’assemblea parlamentare, attraverso la quale si esprime la sovranità popolare, in misura sproporzionata rispetto all’obiettivo perseguito (garantire la stabilità del governo l’efficienza decisionale del sistema), incidendo anche sull’eguaglianza del voto, in violazione degli artt.1, secondo comma, 3, 48, secondo comma, e 67 Costituzione.
Nella specie, il test di proporzionalità evidenzia, oltre al difetto di proporzionalità in senso stretto della disciplina censurata, anche l’inidoneità della stessa al raggiungimento dell’obiettivo perseguito, in modo più netto rispetto alla disciplina prevista per l’elezione della Camera dei deputati. Essa, infatti, stabilendo che l’attribuzione del premio di maggioranza è su scala regionale, produce l’effetto che la maggioranza in seno all’assemblea del Senato sia il risultato casuale di una somma di premi regionali, che può finire di rovesciare il risultato ottenuto dalle liste o coalizioni di liste su base nazionale, favorendo la formazione di maggioranze parlamentari non coincidenti nei due rami del Parlamento, pur in presenza di una distribuzione del voto sostanzialmente omogenea. Ciò rischia di compromettere sia il funzionamento della forma di governo parlamentare delineata dalla Costituzione repubblicana, nella quale il Governo deve avere la fiducia delle due Camere (art. 94, primo comma, Cost.), sia l’esercizio della funzione legislativa, che l’art. 70 Cost. attribuisce collettivamente Alla Camera ed al Senato. In definitiva, rischia di vanificare il risultato che s’intende conseguire con un’adeguata stabilità della maggioranza parlamentare e del governo. E benchè tali profili costituiscano, in larga misura, l’oggetto di scelte politiche riservate al legislatore ordinario, questa Corte ha tuttavia il dovere di verificare se la disciplina legislativa violi manifestamente, come nella specie, i principi di proporzionalità e ragionevolezza e, pertanto, sia lesiva degli artt. 1, secondo comma, 3,48, secondo comma, e 67 della Costituzione.

DEVE, PERTANTO, DICHIARARSI  L’ILLEGITTIMITA’ COSTITUZIONALE DELL’ART. 17, COMMI 2 E 4, DEL D.LGS. N° 533 DEL 1993.

TERZA CENSURA

Continua citazione sentenza.

5.- Occorre, infine, esaminare le censure relative all’art. 4, comma 2, del d.P.R. n. 361 del 1957 e, in via consequenziale, all’art. 59, comma 1, del medesimo d.P.R., nonchè all’art. 14, comma 1, del d.lgs. n. 533 del 1993, nella parte in cui, rispettivamente, prevedono: l’art. 4, comma 2, del d.P.R. n. 361 del 1957, che “Ogni elettore dispone di un voto per la scelta della lista ai fini dell’attribuzione dei seggi in ragione proporzionale, da esprimere su un’unica scheda recante il contrassegno di ciascuna lista”; l’art. 59 del medesimo d.P.R. n. 361, che “Una scheda valida per la scelta della lista rappresenta bun voto di lista”; nonchè l’rt. 14, comma 1, del d.lgs. n. 533 del 1933, che “Il voto si esprime tracciando, con la matita, sulla scheda un solo segno, comunque apposto, sul rettangolo contenente il contrassegno della lista prescelta”.

Secondo il rimettente (Corte di Cassazione n.d.r.), tali disposizioni, non consentendo all’elettore di esprimere alcuna preferenza, ma solo scegliere una lista di partito, cui è rimessa la designazione e la collocazione in lista di tutti i candidati, renderebbero il voto sostanzialmente “indiretto”, posto che i partiti non possono sostituirsi al corpo elettorale e che l’art. 67 Cost. presuppone l’esistenza di un mandato conferito direttamente dagli elettori. Ciò violerebbe gli artt. 56, primo comma, e 58, primo comma, Cost., l’art. 117, primo comma, Cost. , in relazione all’art. 3 del protocollo della CEDU (Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, n.d.r.), che riconosce al popolo il diritto alla “scelta del corpo legislativo”, e l’art. 49 Cost. Inoltre, sottraendo all’elettore la facoltà di scegliere l’eletto, farebbero sì che il voto non sia nè libero, nè personale, in violazione dell’art. 48, secondo comma, Cost.

5.1.- La questione è fondata nei termini di seguito precisati.

Primo e secondo capoverso omissis.
In questo quadro, le disposizioni censurate, nello stabilire che il voto espresso dall’elettore, destinato a determinare per intero la composizione della Camera e del Senato, è un voto per la scelta della lista, escludono ogni facoltà all’elettore di incidere sull’elezione dei propri rappresentanti, la quale dipende, oltre che, ovviamente dal numero dei seggi ottenuti dalla lista di appartenenza, dall’ordine di presentazione dei candidati nella stessa, ordine di presentazione che è sostanzialmente deciso dai partiti. La scelta dell’elettore, in altri termini, si traduce in un voto di preferenza esclusivamente per la lista, che – in quanto presentata in circoscrizioni molto ampie, come si è rilevato – contiene un numero assai elevato di candidati, che può corrispondere all’intero numero dei seggi assegnati alla circoscrizione, e li rende, di conseguenza, difficilmente conoscibili all’elettore stesso.
omississ.
Nella specie, tale libertà risulta compromessa, posto che il cittadino è chiamato a determinare l’elezione di tutti i deputati e di tutti senatori, votando un elenco spesso assai lungo (nelle circoscrizioni più popolose) di candidati, che difficilmente conosce. Questi, invero, sono individuati sulla base scelte operate dai partiti, che si riflettono nell’ordine di presentazione, sì che anche l’aspettativa relativa all’elezione in riferimento allo stesso ordine di lista può essere delusa, tenuto conto della possibilità di candidature multiple e della facoltà dell’eletto di optare per altre circoscrizioni sulla base di indicazioni del partito.
In definitiva, è la circostanza che alla totalità dei parlamentari eletti, senza alcuna eccezione, manca il sostegno della indicazione personale dei cittadini, che ferisce la logica della rappresentanza consegnata nella Costituzione. omissis.
Le condizioni stabilite dalle norma censurate sono, viceversa, tali da alterare per l’intero complesso dei parlamentari il rapporto di rappresentanza fra elettori ed eletti. Anzi, impedendo che esso si costituisca correttamente e direttamente, coartano la libertà di scelta degli elettori nell’elezione dei propri rappresentanti in Parlamento, che costituisce una delle principali espressioni della sovranità popolare, e pertanto contraddicono il principio democratico, incidendo sulla stessa libertà del voto di cui all’art. 48 Cost. (sentenza n. 16 del 1978).
DEVE, PERTANTO, ESSERE DICHIARATA L’ILLEGITTIMITA’ DEGLI ARTT. 4, COMMA 2, E 59 DEL D.P.R. N° 361 DEL 1957, NONCHE’  DELL’ART. 14, COMMA 1, DEL D.LGS. N° 533 DEL 1993, NELLA PARTE IN CUI NON CONSENTONO ALL’ELETTORE DI ESPRIMERE UNA PREFERENZA PER I CANDIDATI, AL FINE DI DETERMINARE L’ELEZIONE.
 Omississ….>>
Ma veniamo alla nuova legge (PREGIUDICATUM) sotto il profilo del diritto per quanto riguarda la prima censura.
In questa è prevista una soglia minima, anche se portata al 37%, non è sufficiente a garantire l’eguaglianza del voto.
Inoltre, al rilievo della Corte circa la presentazione della lista in varie circoscrizioni non è stato dato alcuno ascolto ripresentando la pluricandidatatura.
Per quanto riguarda la seconda censura, c’è poco da dire. Nel “pregiudicatum” non è prevista l’elezione dei membri del Senato. Negli accordi del “nazareno” fra il pregiudicato e l’a/eba/etino sono previsti i tempi ed i modi per la soppressione. I tempi sono lunghi: occorre una legge costituzionale e una nuova legge, sempre costituzionale, che detta il funzionamento della nuova camera. Quindi ci sarà tempo pere le nuove elezioni e per far ricorso di nuova alla Consulta.
Ma veniamo alla terza censura, quella più importante che farà crollare le certezze dei due compari del “nazareno”.

LE LISTE. Il rilievo della Corte riguarda il “…numero assai elevato di candidati….,ecc…vedi sopra). In questa sede si precisa che la Corte non parla di lista corta. Quindi i compari accorciano la lista e diverse liste, anche se corte, vengono ripresentate in diverse circoscrizioni e viene aggirata la censura della lista lunga. In concreto: nella lista mettiamo 4 indagati quà, un pregiudicato in mezzo a 4 o cinque inquisiti e qualche condannato di là ed il gioco delle tre carte è fatto.

Secondo lo scrivente ci sono i profili di incostituzionalità.

Ma la censura più netta è senza appello è la violazione al diritto di scelta dell’elettore del suo rappresentante. Come si evince dal passo di cui sopra, la mancanza di scelta coarta la libertà dell’elettore che costituisce una delle principali espressioni della sovranità popolare di cui all’art. 48 della Costituzione.

In “pregiudicatum” in questa parte non è costituzionale senza ombra di dubbio. Vi è qualcuno che è di avviso contrario?. Aspetto opinioni diverse suffragate dal diritto.

Perchè il titolo “INSULTO”.

Dopo la cena del “nazareno” l’a/eba/etino ha detto: io volevo le preferenze ma il pregiudicato non ha voluto. Ecco perchè il pregiudicato va dicendo in giro che è la sua riforma. Della sentenza non gliene frega un bel nulla, anzi, ha colto l’occasione per umiliare la Corte con il suo sprezzante ghigno da pregiudicato, visto gli annullamenti delle leggi vergogna, ed ecco perchè il nuovo progetto di legge io l’ho chiamato “PREGIUDICATUM”.

Ma, per fortuna, il tempo, vista la riforma del Senato, non manca perchè i “sudditi” si sveglieranno e torneranno cittadini.

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